Inps: Crolla il contratto a tempo indeterminato

I dati Inps sul primo trimestre 2017 confermano la tendenza osservata dalla fine della decontribuzione per le assunzioni stabili. Il Jobs Act di Renzi è un fallimento.

Matteo RenziLavoro a tempo indeterminato con segno meno nel mese di marzo 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016. Lo comunica l’Inps nel suo Osservatorio sul precariato. “#JobsAct diventa legge. L’Italia cambia davvero. Questa è #lavoltabuona. E noi andiamo avanti”. Questo è il tweet di Matteo Renzi del 3 dicembre 2014, il giorno dopo l’approvazione definitivamente della riforma del lavoro che ci ha fatto tornare indietro di qualche secolo. Sono stato da subito contrario al Jobs Act, perché toglie diritti ed estende la precarietà a tutti.

Le assunzioni a tempo indeterminato sono state 102.757, 5.073 in meno rispetto allo stesso mese del 2016. Nel 2015 erano state 165.152. Dal 1° gennaio 2017 sono spariti gli sgravi contributivi per le aziende che assumevano. Nel primo trimestre 2017 le assunzioni stabili sono state 310.004, 25.660 in meno rispetto allo stesso periodo 2016. Nel primo trimestre le assunzioni a tempo indeterminato erano state 480.218. Nei primi tre mesi del 2017 sono state 68.000 le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine. In totale sono stati attivati 398.866 contratti stabili, con un calo del 7,4% sullo stesso periodo del 2016. Considerando poi che le cessazioni di contratti a tempo indeterminato nello stesso periodo sono state 381.329, il saldo dei “nuovi” posti fissi resta attivo per 17.537 unità. E’ un risultato magro se confrontato al saldo positivo di 41.731 dei primi tre mesi 2016 e del boom di 214.765 contratti dei tre mesi 2015, quando erano previsti sgravi contributivi totali. Nel primo trimestre del 2017 le aziende italiane hanno intimato 143.225 licenziamenti con un aumento del 2,8% sullo stesso periodo del 2016. Ma se si guarda ai licenziamenti per giusta causa(quelli sui quali è intervenuto il Jobs Act di Renzi) l’aumento è stato del 14,4%, da 16.004 a 18.349. Rispetto al 2015 quando i licenziamenti disciplinari furono 12.705 l’aumento è stato del 44,39%.

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